DONNE E ALZHEIMER

(Articolo redatto e pubblicato da Michela Tomelini – 3 mag 2020)

Tutti gli studi ad oggi disponibili, italiani, europei ed americani, sono concordi nel confermare: l’Alzheimer è (soprattutto) donna! Iniziamo con le brutte notizie….
Con l’invecchiamento della popolazione, la malattia di Alzheimer e le demenze sono diventate patologie rilevanti per la salute pubblica. Si stima che in Italia circa il 5% della popolazione anziana ne sia affetta, in particolare le donne ultraottantenni e tra tutti i soggetti con più di sessantacinque anni, ne è colpita 1 donna su 6 e 1 uomo su 11.
Perché questa differenza tra donne e uomini? Pare che il ruolo ormonale sia fondamentale: con la menopausa si assiste ad un brusco calo degli ormoni femminili, gli estrogeni, il cui compito non si limita, durante la vita fertile, soltanto al buon funzionamento dell’apparato sessuale femminile. Gli estrogeni infatti “comunicano” anche con altri ormoni e neurotrasmettitori, cioè con altre sostanze che vengono prodotte dalle cellule cerebrali, favorendone il rilascio e la corretta azione sugli organi bersaglio. Non è un caso che un discreto numero di donne dopo la menopausa accusino un peggioramento nel tono dell’umore, fino a sviluppare un quadro di depressione vera e propria, o si accorgano di avere maggiore difficoltà nel tenere a mente i ricordi, o ancora di avere un calo nell’iniziativa a svolgere determinati compiti. Il comportamento di una persona infatti è frutto anche dell’attività di tutta una serie di sostanze chimiche prodotte dalle nostre ghiandole e dal nostro sistema nervoso e dell’interazione fra di esse. A dimostrazione che gli estrogeni giocano un ruolo fondamentale nel mantenimento di un buon livello cognitivo, alcuni studi hanno dimostrato che un trattamento estroprogestinico sostitutivo durante i primi anni dalla comparsa della menopausa è in grado di rallentare in maniera significativa il rischio di insorgenza e l’evoluzione della demenza.
Terminiamo con le buone notizie……..Serviamoci ancora dei dati: è stato osservato che negli ultimi anni la tendenza ad ammalarsi di Alzheimer, soprattutto tra le donne, si sta riducendo grazie soprattutto alle politiche di prevenzione cardiovascolare. Infatti è evidenza ormai condivisa che ridurre i fattori di rischio come il diabete, l’ipertensione, la fibrillazione atriale, il fumo di sigaretta, l’ictus e altre lesioni cerebrali possa proteggere anche dall’insorgenza e dal peggioramento della demenza. Inoltre, è stato riscontrato un declino cognitivo più lento in coloro che in giovane età hanno studiato per un periodo di tempo prolungato. La scolarità e la quantità di anni trascorsi a studiare migliorano la cosiddetta “riserva cognitiva”, cioè quella capacità del cervello di adattarsi alle condizioni dannose, come l’invecchiamento o le lesioni acute (ictus, neoplasie).
In conclusione: è vero che le donne sono più esposte al rischio di ammalarsi di Alzheimer, ma è anche vero che le stesse sembrano più sensibili agli effetti della prevenzione. Prevenzione che va effettuata già dall’infanzia, insistendo sullo studio e le attività collegate all’apprendimento, e che va mantenuta in età adulta, attraverso l’adozione di un corretto stile di vita. Non dobbiamo, infatti, mai dimenticare che oltre ad allenare il fisico occorre anche, fino all’ultimo giorno, allenare la mente.
Michela Tomelini Specialista in Endocrinologia e Malattie del Metabolismo
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